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la mia verità: autoproduzione

FASE 1: LE AZIENDE

FASE 2: I PROTOTIPI

FASE 3: ESSERE SOCIAL

FASE 4: DESIGN WEEK

FASE 5: GRANDI SPERANZE

Lasciamoci alle spalle le (dis)avventure vissute nelle fasi precedenti. Per partire con il piede giusto abbiamo bisogno di un’iniezione di ottimismo, quindi sorridiamo, rimbocchiamoci le maniche e via!

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Per quanto ci ostiniamo a pensare a noi stessi come sognatori ora dovremmo davvero fare la sforzo di cominciare a ragionare come imprenditori, quindi la prima cosa da fare è impostare la nostra “impresa” è organizzare le attività e le risorse, proprio come ogni startup che si rispetti:

–  Che budget siamo disposti ad investire?
–  Quanto tempo siamo disposti a dedicare?
–  Che tipo di prodotto vogliamo vendere? Come presentarlo? Come venderlo? In che fascia di prezzo collocarlo?
–  Quali sono i guadagni previsti, tenendo conto di produzione, distribuzione e vendita?

Vi rendete subito conto che ognuno di questi punti vi vedrà trasformarvi, di volta in volta, in facchino, esperto di marketing, grafico, promotore, ecc. E se questo non vi fa paura andate avanti.

 

autoproduzioneFASE 6: AUTOPRODUZIONE

Cominciamo.

Fisso un incontro con il mio stimato sig. Falegname n°2 per raccontargli le mie intenzioni ed ordinare una piccola serie di penne in legno, diciamo 100 pezzi. Ho un buon ricordo di lui, ma ora la canzone cambia. Concordiamo il prezzo e le tempistiche e se il prezzo verrà (forse) rispettato le tempistiche no; ne sono sicura e devo metterlo in conto senza farmi il sangue amaro.

Intanto passo al “vestito” del mio prodotto: design e grafica del packaging, testi informativi ed istruzioni.
Cerco un fornitore per quello che sarà un semplice cartone fustellato. Carico il design e procedo all’ordine.

Ora che ho un’idea più precisa del costo del prodotto “completo” (ricordiamoci che stiamo parlando sempre di una piccola produzione) posso definire meglio il prezzo di vendita, che dovrà essere coerente con la categoria di prodotti nella quale voglio inserirlo e, insieme, darmi un certo margine di guadagno.

Guadagno che mi renderà ricca? Certo che no. Guadagno che mi permetterà di non andare in rosso in caso di imprevisto e di investire in un’altra nuova piccola serie.

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Le penne sono pronte, il packaging è arrivato. Compongo il prodotto, faccio nuove foto professionali, un mini sito, uno shop online. Mi dedico alle più disparate e aggressive attività social, lascio un buon numero di penne in conto vendita presso diversi negozi sparsi per l’Italia e sugli e-shop più trendy che vendono design. Passo un anno in fiere di settore, dietro al banchetto, a metà tra un venditore e un “appassionato di design”.

Rivivo, insomma, tutte le emozionanti fasi che mi hanno portato fin qui e…

E poi la storia continuala tu.

 

Io non lo so come va a finire questa storia. Non so se c’è una vera fine.

Probabilmente la penna in legno, costata 3 anni di lavoro e X soldi, si fermerà su una pagina del mio portfolio.

Per portarla avanti ho dovuto imparare a fare tante cose diverse:

–  la designer
–  le ricerche di mercato/materiali/tecnologie/tendenze
–  il tecnico specialista
–  la fotografa
–  la grafica (loghi, impaginazioni, siti web, ecc.)
–  la promoter
–  la specialista seo
–  il trasportatore
–  la stalker (di aziende, artigiani, giornalisti)

Quali altri mestieri portano a fare tanto? Ma, allo stesso tempo, come si fa a capire il limite oltre il quale si perde di vista l’obiettivo iniziale?

In verità non so neanche se ci sia davvero bisogno di un’altra penna in legno e se il mio scopo sia davvero così nobile. A volte mi capita di perderlo di vista questo scopo, il senso del mio progetto, il senso del mio lavoro. Capita anche a voi?

Quanta confusione. Se mi chiedessero qual è il vero ruolo del designer nella società di oggi io non saprei dirlo.

E, premettendo che non sono Starck (non inteso come il designer francese ma come categoria di designer), non saprei dire quanto di quello che faccio, i miei tentativi, siano giusti o sbagliati.

Così provo a guardare chi è più bravo di me.

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Voglio immaginare che dietro questa penna in legno c’è un bravo designer.
Quale sarà stata la sua storia, la sua personale avventura?

Mi piace pensare che, se anche non ha guadagnato quanto sperava, con questo prodotto sia riuscito a farsi strada, a stringere delle collaborazioni, ad avere qualche grande opportunità.

Poi sta a lui.

Poi sta a me.

 

 

CONCLUSIONI

Mi creo delle opportunità. Tra i miei lavori ce n’è qualcuno di interessante e ho avuto la fortuna che qualcuno li ha notati. Per me è una immensa fortuna anche che sei qui a leggermi. Probabilmente ti identificherai in me e nelle mie esperienze.

Avrai allora capito che le cose che ti ho raccontato (disavventure, persone, promesse, speranze, lavoro) sono il mio “bagaglio” e ne vado fiera.

Forse penserai che non ne è valsa la pena. Non è così.

Non è’ forse il viaggio più importante della meta?

Questa sono io allo stato dell’arte, sono cresciuta, sono più consapevole di qualche anno fa. A volte sono caduta ma, puoi credermi, non ho rimpianti. E continuerò a non averne fino a quando potrò dire a testa alta “IO CI HO PROVATO”.

 

 

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 Fine

4 commenti su “la mia verità: autoproduzione”

  1. Carissima Adele:
    Ho seguito con attenzione le tue riflessioni, certo che è dura la strada del prodotto!!
    Ma penso anche che le condizioni per l’autoproduzione siano cambiate negli ultimi 4 anni. Piattaforme come Quirky o iniziative come Formabilio o Promote e chissà quante altre esistono, danno la possibilità di capire l’interesse della gente nella tua idea prima di essere prodotta. Attraverso le piattaforme di crowdfunding puoi coinvolgere anche gli utenti finali! I soldini in questo caso non arriverebbero solo dalle aziende, ma dai diretti interessati. Le persone comuni possono così esprimere preferenze o suggerire, arricchendo il tuo progetto.
    Queste piattaforme sono nate per finanziare eventi, progetti sociali e poi adottati dai “makers”, ma credo può essere uno strumento valido anche per noi designer e autoproduttori.
    Non ho ancora una’esperienza diretta, è solo da qualche mese che sto studiando le reali possibilità di questo sistema. Nel gruppo Industrial Design Italy di Linkedin abbiamo una discussione aperta e ci siamo scambiato pareri e notizie, magari dai una occhiata.
    Finalmente, con il mio gruppo di progetto abbiamo quasi deciso di intraprendere questa strada e adesso dovremmo progettare la comunicazione. Ti farò sapere dei pro e contro di questa nuova avventura.
    Buona fortuna!!

    1. Ciao Glenda, grazie.
      Anche io sto seguendo le iniziative proposte sulle piattaforme che hai elencato e l’ancora più interessante fenomeno del crowdfunding, di cui ne avevo parlato qui.
      Interessante perchè i progetti, siano essi prodotti o iniziative sociali, vengono adottati e sostenuti da “mecenati”, persone vere (non istituzioni, finanziamenti, aziende, ecc) che partecipano attivamente alla storia del progetto stesso, non solo finanziandolo ma anche consigliando sviluppi e possibili miglioramenti.
      Questa economia partecipativa parte dal basso e premia solo i progetti più meritevoli nei contenuti e non, come siamo abituati, quelli truccati da pubblicità ingannevoli e promesse di una “vita migliore”.
      In bocca al lupo a te ed alla tua avventura!

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